Chiunque abbia visitato gli Stati Uniti sa che è virtualmente impossibile uscire da un negozio o comprare una colazione o un souvenir senza spendere più di quello che aveva preventivato come budget. Se chiedete una ciambella o un caffè americano in un cafè, la ragazza dietro al bancone, che sarà invariabilmente carina e sorridente, vi proporrà in “offerta solo per oggi”, con solo 1,99 dollari in più un’altra ciambella o un altro sandwich o un succo di frutta o, se avete davanti una venditrice particolarmente capace, un accendino tipo Zippo da 49,99 dollari che non utilizzerete mai. Perché non fumate. Ma la ragazza è stata carina, è stata gentile, ve l’ha proposto. Ve lo ha venduto. Si chiama vendita proattiva e gli americani sono degli assoluti fuoriclasse in questo. Vendere. Gli americani sanno vendere.
Sono anche particolarmente talentuosi nel produrre auto. Molti addetti ai lavori del settore snobbano le auto americane. Perché? Sono piene di fascino e carisma e, anche se non brillano per qualità, sono economiche. Al prezzo di una europea Golf, da quelle parti, si compra una Camaro.
Conoscenze geografiche, invece. Ecco in questo gli americani non sono molto ferrati. Pensano che l’Europa e il Regno Unito siano due continenti separati. Sanno che in Europa ci sono Parigi e Roma, Venezia e Londra. E poco altro, a dire la verità. Di sicuro non sanno dove sia il Nürburgring, ma sanno cos’è la moda e, siccome la seguono, sanno che è fondamentale per una casa automobilistica testare le proprie auto sulla parte del tracciato non più usato per la F1 (Nordschleife) dell’Inferno Verde. Lo fanno tutti. La Opel ha persino costruito una Corsa OPC Nürburgring edition un paio di anni fa.
Non ci sono dubbi che affinare le qualità dinamiche e sportive di un’autovettura al Ring la renda più precisa e reattiva. Ma serve davvero a qualcosa? Migliora davvero l’esperienza di guida? Per scoprirlo noi di decappottabiliontheroad.com siamo andati a San Marino per guidare un’auto che non ha mai sentito parlare del Nürburgring. La Rolls Royce Silver Shadow del 1973.
Questa meraviglia inglese misura più di 5 metri per oltre due tonnellate di peso. Gli interni conoscono solo due materiali: pelle e radica. Niente alluminio. Niente fibra di carbonio. Niente titanio o carbo-titanio. O carbo-alluminio. O fibra di titan-alluminio. Nessuno di quei materiali tanto amati dalle case automobilistiche sulle auto moderne. Suonano forse bene sulla brochure e certamente riducono il peso, ma peggiorano il comfort, che è l’unica cosa che interessa davvero alla buon vecchia Rolls.
Fluttua sull’asfalto come se fosse alimentata con panna montata, invece di qualcosa di grezzo e volgare come la benzina. È un’auto che dà l’impressione di spegnersi, o anzi di rifiutarsi di partire, al solo sentir nominare le parole “sportiva” o “performante”.
Non incoraggia a guidare come un hooligan. È soffice e accomodante. Anche la leggera esitazione tra la pressione del pedale dell’acceleratore e l’effettiva accelerazione dell’auto sembrano una cortesia più che un difetto dovuto a una fabbricazione frettolosa e agli anni che passano. È come se l’auto dicesse:
“È sicuro, signore?”
Eh sì, fabbricazione approssimativa perché la Rolls Royce Silver Shadow viene descritta come auto rifinita a mano nel Regno Unito di Sua Maestà la Regina. Purtroppo, “fatto a mano” e “anni settanta” e “Regno Unito” sono solo un altro modo di dire che la portiera cadrà a pezzi. Gli anni settanta, non dimentichiamolo, sono stati segnati dai continui scioperi nelle fabbriche in Inghilterra, dove gli operai semplicemente si sistemavano fuori dagli stabilimenti e ci rimanevano per giornate intere senza fare niente.
La RR non sarà forse affidabile, ma surclassa la maggior parte degli inanimati oggetti metallici a quattro ruote con cui ci muoviamo ogni giorno.
Se fosse una donna sarebbe Cate Blanchett, non Lady Gaga. Se fosse un orologio sarebbe un Cartier Santos.
Il propulsore è un V8 di cubatura considerevole: 6,750 litri o “sei e tre-quarti” come lo chiamano nel Regno Unito. Nonostante la cilindrata eroga solo 189 cavalli ed è abbinato ad un sonnolente cambio automatico a tre marce di derivazione General Motors.
Il risultato è che la vecchia Roller è istericamente lenta. Non conosco i dati ufficiali dello scatto da 0 a 100 km/h e della velocità massima, ma scommetto che nello stesso tempo che impiega la Silver Shadow per arrivare a 60 miglia orarie (100 km/h) da qualche parte in uno stabilimento in Germania vengono sfornate venti o trenta Volkswagen Golf.
A proposito di Golf scommetto che persino la Mark 1 GTI scatta meglio della Rolls.
Ma non ha nessuna importanza. Preoccuparsi delle prestazioni della Rolls Royce Silver Shadow è come preoccuparsi delle abilità culinarie della modella francese Bérénice Marlohe.
Coco Chanel una volta disse che il lusso non è il contrario di povertà, è il contrario di volgarità. E aveva ragione. Perché la Rolls Royce è quanto di più elegante si possa trovare in strada su ruote. E con meno di 10.000 € è possibile parcheggiarne una nel proprio garage.
Ci sono opinioni contrastanti riguardo alle auto d’epoca. Molti ritengono che vadano acquistate e utilizzate e mantenute in vita. Molti altri sostengono che non abbia senso averne una. Non comprereste un frigorifero o una televisione di trenta o quaranta anni fa. Quindi perché un’auto? Forse è così. Forse auto del genere meritano un posto dentro a un museo a Crewe o a Milton Keynes, invece che occupare la corsia d’emergenza. In panne. Sulla A4. Con fumo che esce a profusione dal cofano. Perché realisticamente è lì che passerete la maggior parte del tempo, se davvero ne comprerete una. Forse.
Tuttavia, quello che è innegabile è che a veder passare una Rolls Royce Silver Shadow color carta da zucchero viene da togliersi il cappello e sorridere. Mentre a veder passare l’ennesima berlina grigia viene, più che altro, tristezza.
Testo e foto di Alessandro Saetta Vinci